Passeggiata in Via Altinate

Escursioni giornaliere
Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su whatsapp
Condividi su email

Cominciamo da porta Altinate, che appartiene alla prima cinta muraria e che è stata ricostruita nel 1286. Da qui sono entrati i crociati il 20 giugno di quell’anno, cacciando Ansedisio de’ Guidotti, nipote di Ezzelino: la lapide di Carlo Leoni ricorda il fatto.

Il ponte Altinate, che sovrastava il Naviglio Interrato (ora Riviera dei Ponti Romani), era a tre archi, lungo 38.94 metri e largo 7.77, ed è di origine romana. Giriamo a sinistra, quasi di fronte a via Zabarella, per via Eremitani.

Al numero 18, il conservatorio Cesare Pollini. Il musicista è nato a Padova il 13 luglio 1858 da Luigi de’ Pollini, dottore in Legge e regio notaio, e da Luigia dei conti de’ Cassis-Faraone. Giovanissimo, intraprende sotto la direzione della madre lo studio del pianoforte. Nel 1879 si laurea in Giurisprudenza. Il 26 gennaio 1912 Pollini muore improvvisamente a 54 anni. Poche sono le sue opere musicali e i suoi scritti rimasti, di cui molti inediti. Per la sua cerimonia funebre il corteo è partito dall’abitazione di via Mentana (ora consiglio di quartiere 5 Armistizio-Savonarola), attraverso le vie del centro, per giungere alla chiesa di San Francesco, accompagnato dalla banda cittadina. Parteciparono alla cerimonia cittadini, membri delle maggiori famiglie padovane, delle istituzioni e associazioni artistiche, conservatori e licei musicali di ogni parte d’Italia, oltre ai professori dell’istituto musicale di Padova, che aveva diretto e in cui aveva insegnato per oltre vent’anni. Tra le tante partecipazioni, spicca il nome della regina Margherita, tramite la sua dama d’onore marchesa Valmarana, dalla quale Pollini era stato attivo nella villa Reale di Monza e a Stupinigi con il titolo di “solista di corte”. Il musicista è sepolto nel cimitero dell’Arcella, dietro la chiesa di Sant’Antonin. Il conservatorio occupa il palazzo di sistemazione ottocentesca, con all’interno il suo importante auditorium. Al Pollini ha insegnato piano la vicentina Teresa Rampazzi, che ha inventato negli anni ’50 la musica elettronica.

Al numero 19, il palazzo Valdezocco-Vasoin, quattrocentesco, restaurato nel 1895. Ammiriamo la quadrifora centrale, affiancata da finestre con poggioli laterali. All’angolo con via Carlo Cassan esisteva la chiesa di San Bartolomeo, con il monastero della monache benedettine.
Proseguendo, incontriamo il cinema Altino, che ha aperto i battenti nel 1952 (ora chiuso), progettato dall’architetto Quirino De Giorgio. L’Altino è stato eretto in un vuoto urbano della città storica lasciato dai bombardamenti degli alleati nella 2. Guerra mondiale. I lavori, cominciati nel 1946, sono stati più volte interrotti e sono proseguiti a rilento a causa di copiose infiltrazioni d’acqua. Più di qualcuno parla dell’Altino come della prima “multisala” cinematografica che ha precorso i tempi. Per decorare il cinema, De Giorgio ha chiamato alcuni dei più noti artisti figurativi locali dell’epoca: i pittori Antonio Morato e Fulvio Pendini, lo scultore Amleto Sartori e Paolo De Poli per i suoi smalti. Il cinema Mignon (anche questo chiuso), un piccolo locale di 240 posti, seminterrato, ricavato sotto l’Altino grazie alle forti pendenze sotto il terreno di via Cassan, diventa il primo “cinema d’essai” di Padova; è stato inaugurato nel febbraio del 1967 con il film “Un uomo, una donna” del regista francese Claude Lelouch.

Al numero 59, il palazzo Camerini, attuale sede del Comando artiglieria contraerea dell’Esercito. Appartiene ai Borromeo e poi è stato acquistato nel 1527 da Pietro Bembo che vi ha ospitato Benvenuto Cellini. Il palazzo è passato poi ai Gradenigo e nel 1847 al duca Camerini. È stato sede del comando designato della 3. Armata e ora è il museo della Prima guerra mondiale dell’invitta 3. Armata. Ai numeri 76-80, casa Melandri-Arslan, con quadrifora quattrocentesca ritenuta opera di Pietro Lombardo, gravemente danneggiata dai bombardamenti del 1944.

Al numero 106, palazzo Lucatello (tardo gotico padovano), che presenta una quadrifora non in asse con l’ingresso. Il palazzo è appartenuto al poeta padovano Carlo Dottori (1618-1686). Al numero 106, il palazzo Zuccato-Arrigoni degli Oddi, ora Arslan. All’interno, il giardino di casa Arslan (vi abita la famosa scrittrice padovana di origine armena Antonia Arslan) è uno dei rari esempi di “giardino formale” rimasto in città. Pur essendo stato modificato e ridotto a causa di una nuova costruzione dell’edificio di residenza, ha conservato il disegno delle aiuole e la zona del fondale con una edicola posta sul muro di confine, che un tempo lo divideva dal complesso conventuale di San Biagio. Il giardino così come si presenta oggi è, nonostante l’impronta sei-settecentesca, opera dell’architetto Francesco Mansutti (1899-1969). Di fronte a casa Arslan, possiamo ammirare la chiesa di San Gaetano, intitolata ai santi Giuda Taddeo e Bartolomeo, costruita nel 1582-86 su progetto di Vincenzo Scamozzi, che ha anche provveduto a completare i lavori per l’attiguo monastero dei Chierici regolari detti Teatini (già sede dell’ex Palazzo di Giustizia, ora centro culturale San Gaetano-Altinate). Nella facciata della chiesa, larghe paraste composite sostengono la trabeazione e il piano attico; sul fastigio del portale due statue settecentesche (santi Giuda e Bartolomeo). L’interno è a pianta ottagonale e la decorazione barocca con la splendida cupola del “Paradiso” opera del parigino Guy Louis De Vernansal. “L’architettura è nell’ambito della Controriforma… Si abbandona del tutto lo schema a più navate” (Bresciani Alvarez, 1975).

Al numero 81 casa Baratelli, settecentesca; sul piano nobile una serie di otto finestre. Al numero 120, Ca’ Priuli, seicentesca, con stemma sulla facciata. In vicolo San Gaetano, di lato all’omonima chiesa, tra gli anni 1995-96 si sono svolti accertamenti archeologici conoscitivi della zona, considerata la sua rilevanza storica per la vicinanza alla via Annia, strada romana di grande percorrenza che collegava Padova ad Altino. Lo scavo ha portato alla luce un complesso riferibile a un criptoportico, ovvero un portico “nascosto”, ricavato entroterra; una sorta di galleria seminterrata con parti di pavimentazione generalmente dotata di copertura e volta e finestre laterali del 1. secolo dopo Cristo. Ora il criptoportico giace in stato di abbandono. Al numero 107, il palazzo seicentesco Dolfin-Compostella, già Cappello, restaurato nel 1783 da Giovanni Battista Novello.

Al numero 136, palazzo Mario, già Polcastro-Cristina. La facciata è arretrata per essere racchiusa dalle ali sormontanti il portico. L’ala destra è incompiuta, il che non priva il cinquecentesco palazzo – la trifora e le monofore del secondo piano sono in parallelo con le finestre del piano sottostante configurando due piani nobili di una imponenza inusitata nella strada che in questo punto si restringe. Sulla sinistra piazzetta Colonna: il nome deriva da una colonna – ora scomparsa – posta a memoria della casa di Francesco Santuliana, fatta demolire nel 1666 a suo “perpetuo scorno et infamia” in quanto “bandito come capo di svaliggiatori di corrieri…”. Al numero 141, il palazzo Priuli-Pisani-Cornaro, terminato nel 1587 da Vincenzo Scamozzi su probabile pro-getto dell’architetto Dario Varotari. Qui il 25 novembre 1599 l’abate Federico Cornaro ha fondato l’Accademia dei Ricovrati. Via Altinate si conclude davanti alla suggestiva chiesa di Santa Sofia (secoli 11-12), recentemente restaurata. La facciata, inclinata, ha cinque arcate nel corpo centrale inferiore e sopra due colonne, il rosone, la bifora, le finestre, gli archetti pensili. Nei corpi laterali tre arcate ciascuno. L’interno, altamente spirituale, è a tre navate, separate da colonne bizantine e pilastri. Dietro l’abside, lo splendido ambulacro di architettura lagunare. Infine, la misteriosa cripta, chiusa.

Può interessarti anche

Cicloturismo in città e nei dintorni

Le Terme e i Colli Euganei

Cammini e ciclovie

Padova città d’acque

Resta in contatto

Iscriviti per ricevere aggiornamenti sugli eventi e le attività della città di Padova.