Cronisti e viaggiatori fra XIV e XV secolo definiscono le mura di Padova “superbe” e “inespugnabili”. Di certo le tre cerchie turrite – duecentesca la prima, voluta dal Comune, trecentesche le successive, erette dai Carraresi man mano che la città si ampliava – assieme al castello, alle cittadelle e al soccorso, dovevano avere un impatto formidabile sul visitatore. Proteggevano, e insieme rappresentavano una città florida, colta e orgogliosa di sé, capace di produrre, nel Trecento carrarese, quella straordinaria fioritura artistica che ambisce oggi al riconoscimento Unesco. Poco ci resta, di quella grandezza: sostituita dalle mura cinquecentesche la cerchia più esterna che, opportunamente adattata, aveva retto l’assedio nel 1509, e demolita la seconda per usarne i materiali, rimase in piedi solo la più antica, quella comunale, circondata dai due rami del Bacchiglione. Costituita da un solido muro merlato alto dodici metri e spesso tre, fu però fagocitata poco a poco dall’edilizia privata e non ne restano che pochi, suggestivi lacerti, sufficienti però a testimoniarcene l’imponenza. Delle diciannove porte, di cui ci fornisce l’elenco il giudice trecentesco Giovanni da Nono, ne restano due fra le principali, porta Altinate e la monumentale porta Molino, ma altre due “si nascondono”, l’una dietro la chiesa di San Fermo, un portelletto che dava accesso ai mulini, l’altra, imponente, inglobata nella torre d’ingresso occidentale del castello carrarese. Cercare e ripercorrere il tracciato delle mura scomparse, come aiuta a fare il Comitato Mura, con le passeggiate domenicali e con un’agile guida, percorrendo le antiche strade, ricostruendo la fitta rete di canali che alimentava mulini e folli, individuando i siti di chiese e monasteri scomparsi significa scoprire il volto nascosto della Padova medievale. www.muradipadova.it